Malvasia (racconto)

MALVASIA (Parabola della)

Nel vitigno, laggiù quasi in fondo alla collina, nella zona meno nobile di tutta la Vigna, abitava una Vite Solitaria.

Quella Vite aveva una brutta fama. Sarà stata la posizione nella vigna, saranno stati gli anni duri della guerra, sarà stato il fatto che fosse una Vite Solitaria, saranno state le solite malevigne, ma quella Vite era considerata cattiva. Pericolosa. Brutta. Infame. Spregevole. FonteDiGuai. Malvagia.

E per questo la chiamavano, storpiando un poco l’accento e la G come spesso accade nei dialetti di quei posti, la chiamavano Malvasia.

E la evitavano tutti. Le altre Viti, i Gutturni e le Bonarde, addirittura la disprezzavano, una vite dai frutti non rossi, figurarsi!, gli Ortrughi la consideravano una reietta, e persino i contadini addetti alla vendemmia, brutti sporchi bitorzoluti, a loro volta reietti tra gli uomini, non volevano toccarla, e lasciavano marcire i suoi grappoli, e lasciavano le sterpaglie soffocarla, e lasciavano i rami crescere pazzi, e lasciavano i parassiti succhiarle la linfa.

Ma Malvasia non mollava, e senza cure, senza attenzioni, senza amore, senza carezze o baci, solitaria, cresceva. Senza rancore, perché tesa nello sforzo di sopravvivere, non si concedeva distrazioni, nemmeno emotive. Nodosa, ricurva, dritta alla meta della Vita.

Passarono così gli anni, i secoli, forse i millenni.

Venne il 1569. Inverno gelido, glaciale, primavera infernale, poi piogge, e freddo e grandine e vento in estate.

Venne il momento della fioritura: i Gutturni non fiorirono.

Venne il momento della fruttura (neologismo): le Bonarde non diedero nulla alla luce.

Venne il momento della vendemmia: gli Ortrughi abortirono.

Soltanto laggiù, in fondo alla collina, nella zona meno nobile di tutta la Vigna, dove abitava una Vite Solitaria, resa dura e cocciuta dall’ indifferenza, al timido sole di settembre, tra mille sterpaglie, e rovi, e parassiti e fate morgane e lucciole e serpenti e altri animali all’epoca ancora sconosciuti, laggiù in fondo alla vigna rilucevano al timido sole settembrino rigogliosi grappoli d’oro.

Rilucevano dimenticati da tutti, abbandonati. Perché considerati impuri, indegni, osceni dall’umana ignoranza dell’ignorante umanità.

Fu presto Dicembre (l’Avvento e le sue Veglie) e il Vino scarseggiava nelle pianure. Arrivò dalla città un Anonimo Piacentino in cerca di Vino per i Duchi, i Papi, le Badesse, i Mercanti ricchi della città, i nuovi Borghesi grassi e latifondisti.

Anonimo risalì le Colline e le ridiscese, nulla era in vendita, nulla si trovava, non una bottiglia di Gutturnio, vuoi fermo, vuoi frizzante, tutto fermo, immobile, l’aria fresca ma pesante.

Arrivò Anonimo una sera al tramonto su quel colle e da lontano vide quella Vite, laggiù, quasi in fondo alla Vigna, con ancora i suoi grappoli rilucenti d’oro. Vi si avvicinò la toccò- che emozione, quel primo tocco, per quella Vite Solitaria- ne assaggiò un acino, un altro, un altro ancora e ancora e oro negli occhi e oro nella bocca ed era dolcissima, era buonissima, quell’uva era un miracolo, era oro, ed era vino, ed era lì!

Furono chiamati i migliori vendemmiatori, i più esperti enologi, i botanici delle Terre Rare, si convinsero i bitorzoluti contadini che toccarla non era Peccato, che spesso i più bei tesori nascosti sono celati al nostro sguardo cieco ed annoiato più dalle nostre Paure che da effettive barriere fisiche, intervennero gli psicologi (ben prima della invenzione della Psicologia nel senso scientifico moderno) che lavorarono a fondo su ciascun bitorzolo a proposito dell’annoso tema dell’accettazione del diverso, finché tutti furono sereni e tranquilli e pronti all’opera.

E tutti, felici e contenti, iniziarono a vendemmiare, e poi a pigiare, fermentare, imbottigliare e soprattutto, bere.

E fu inventato così il Malvasia Vendemmia Tardiva, l’Oro del Podere.

La Vite Solitaria fu ripulita, potata, rinvigorita, duplicata, triplicata, moltiplicata, e le fu concesso spazio, estirpando gli altri Vitigni, tra lacrime e invidie ortrugiche che bagnarono la terra e resero ancor più ricco il gusto delle sue Uve.

Ancor oggi, se si osserva con attenzione laggiù, quasi in fondo alla collina, nella zona meno nobile di tutta la Vigna, nelle ore del tramonto si scorge un luccichio, un bagliore, tra il verde delle Viti.

Inutile avvicinarsi: quel bagliore è ORO puro, ma irraggiungibile.

 

 

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